Attività politica

Comunità, presidenti lontani dai seggi

Fonte L’Adige

C’è chi andrà a trovare il figlio che vive fuori provincia. Chi andrà tra i masi a fare legna, e chi sicuramente avrà molto da fare in campagna. «Moltissimo, sicuramente dalle 6 fino alle 22». Una domenica strapiena di impegni per tutti, tanto che nessuno di loro pare troverà il tempo di recarsi alle urne.

Certo, sarebbe clamoroso il contrario. Perché loro, sono i 15 presidenti delle altrettante Comunità di Valle che i promotori del referendum del 29 aprile vorrebbero veder sparire.
Nessuno dice di volersi astenere per attaccamento alla carica. Anzi, c’è pure chi non nasconde alcune criticità: «Nutro profondo rispetto verso chi andrà a votare e magari voterà pure “sì”», spiega Michael Rech , dagli Altopiani Cimbri: «Immagino che in molti lo faranno come espressione di un generale malessere verso la politica. Ma sono convinto che lo faranno perché questa consultazione è stata promossa giocando sulla confusione. Siamo soggetti attivi da un anno, credo che la maggior parte dei trentini non abbia idea di che cosa fanno le Comunità».

«Temo che molti tra chi andrà a votare, non abbia la minima idea di cosa facciamo», gli fa eco Sandro Dandrea (Bassa Valsugana-Tesino).
«Poca informazione di cui siamo anche noi colpevoli, ma non si può valutare, promuovere o bocciare un’esperienza dopo così poco tempo», è il parere dalla Valle dei Laghi di Luca Sommadossi , in linea con quello di Stefano Bisoffi (Vallagarina): «Siamo all’inizio di un lavoro che se interrotto, manderebbe nel caos i comuni. Rispetto le opinioni di tutti, ma demolire qualcosa quando si è appena cominciato a costruire mi pare abbia poco senso».
«Ancora non si è capito – argomenta Cristiano Trotter dal Primiero – che le Comunità sono l’unico strumento in mano al Trentino per darsi un futuro. Ovvero per fare di più con meno risorse. Per permettere ai comuni – con le gestioni associate – di continuare a erogare i servizi attuali. Da soli non ce la farebbero. Mi infastidisce la superficialità con cui si è promossa questa consultazione, senza ragionare sulla delicatezza dell’argomento».
Dalle Giudicarie, Patrizia Ballardini snocciola numeri e dati: «Nel nostro territorio ci sono 39 comuni. Solo undici hanno più di 1.000 abitanti. In pochi riuscirebbero a dare ai cittadini quello che davano fino ad ora, con sempre meno risorse. Le Comunità sono nate proprio per accentrare su scala più ampia le competenze dei comuni e decentrare quelle della Provincia». «Sono un ente necessario per permettere una gestione più puntuale in settori fondamentali», spiega dalla Paganella Donata Sartori .
Dall’Alto Garda e Ledro, il coltivatore stakanovista Salvador Valandro (sì, è lui che ha annunciato sornione si occuperà della campagna dall’alba a notte) è convinto che l’attacco alle Comunità sia strumentale: «Non è un voto pro o contro le Comunità, ma contro Dellai. Se davvero l’obiettivo era l’assetto del territorio, i promotori avevano tutto il tempo di far sentire la loro voce quando stava nascendo. Senza far sprecare ai trentini due milioni di euro per chiamarli alle urne».
D’accordo dalla Val di Cembra anche Aurelio Michelon , il primo a citare la Lega Nord: «Il referendum lo hanno promosso loro, ma potevano lavorare prima e in altri modi per far sentire la loro contrarietà».
Ma c’è anche chi è meno tenero con il Carroccio: «Credo che la Lega non abbia nulla da insegnare ai trentini – tuona dalla Val di Sole Alessio Migazzi – perché qui si tratta solo di aver dato ai territori la capacità di governarsi con maggiore libertà. Chi crede nella capacità della valli di darsi da fare da sole, sicuramente domenica si troverà qualcosa da fare».
Malizioso, dalla Rotaliana-Königsberg, Gianluca Tait tira in ballo anche l’invidia: «Non ho dubbi: se le forze che hanno promosso il referendum avessero avuto anche una sola delle presidenze di Comunità, non ci sarebbe nessun voto».
«Credo che l’astensione – spiega Mauro Dallapiccola , che guida la Comunità dell’Alta Valsugana-Bersntol – non sia segno di scarso senso civico, ma una precisa scelta politica, al pari di un “sì” o di un “no”».
Sulla stessa lunghezza d’onda Cristina Donei , dal Comun general de Fascia: «Ritengo che siano i soggetti attraverso cui i territori possono finalmente godere di quell’autonomia che abbiamo sempre richiesto, e che non c’era con i comprensori, semplice emanazione della Provincia. Ora sarebbe davvero da sciocchi ridare in mano a Trento tutto ciò che abbiamo».
Dalla Val di Fiemme, Raffaele Zancanella assicura che il referendum «non mi turba: domenica andrò a trovare mio figlio», mentre dalla Val di Non Sergio Menapace deciderà «all’ultimo momento cosa fare. Ma credo che ognuno debba essere lasciato libero di esprimersi nell’urna».